#WeeklyUpdates |I bambini non si toccano: pedofilia e pedopornografia
Nel nostro Paese, il tema dell’abuso sui minori e della pedofilia online ha da sempre suscitato l’interesse pubblico e del Legislatore, che da qualche decennio è intervenuto sul punto con una serie di provvedimenti normativi.
Alla fine del secolo scorso, in coincidenza con una situazione infantile particolarmente grave, le scienze umane (pedagogia, psicologia, sociologia) si interrogarono, con particolare acutezza, sul tema dell’infanzia e dei suoi bisogni ingiustamente non appagati.
Con un certo ritardo anche il diritto cominciò a riconoscere, in primis, che vi sono dei doveri degli adulti nei confronti dei bambini e, poi, che questi ultimi sono portatori di diritti che non solo devono essere rispettati, ma che devono anche essere concretamente attuali.
Fino al 1996 il reato di abuso sessuale ai danni di un minore era previsto dall’art. 519 comma 2 del codice penale. Tuttavia, l’esigenza sempre più stringente di tutelare il minore da comportamenti deplorevoli e lesivi della sua integrità psico-fisica ha, dapprima, introdotto la legge 15 febbraio 1996 n°66, intitolata “Norme contro la violenza sessuale”, che ha disciplinato per la prima volta il fenomeno della pedofilia introducendo nel codice penale varie fattispecie di reato relative alla violenza sessuale.
Successivamente, con la legge 3 agosto 1998 n°269 intitolata “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, è stato onorato l’impegno assunto dall’Italia in sede di adesione alla Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1989. Sono state introdotte nel capo del codice penale dedicato ai “delitti contro la libertà individuale” ed, in particolare, fra i “delitti contro la personalità individuale”, le nuove fattispecie di reato di cui agli artt. 600- bis (“prostituzione minorile”), 600 – ter e 600- quater (“pornografia minorile”) e 600 – quinquies (“iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile”).
Il naturale sviluppo del percorso avviato dai predetti provvedimenti normativi è contenuto nella successiva legge 6 febbraio 2006 n°38, entrata in vigore il 2 marzo successivo: “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet”.
Con tale legge sono stati posti nuovi strumenti a disposizione delle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria impegnati nell’attività di prevenzione e di repressione dello sfruttamento sessuale dei minori e della pedopornografia anche a mezzo internet, con il diretto coinvolgimento di tutti quei soggetti, pubblici e privati, che possono svolgere un ruolo prezioso nell’azione d’individuazione e di blocco dei siti telematici che diffondono materiale pedopornografico e in quella di contrasto della commercializzazione online del materiale stesso.
La recente legge 18 marzo 2008 n°48 di ratifica alla “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica” adottata a Budapest il 23 novembre 2001, ha introdotto nella materia significative novità a livello processuale attraverso l’inserimento, nell’art. 51 del codice di procedura penale, del comma 3-quinquies che attribuisce all’Ufficio del pubblico ministero presso il capoluogo del distretto (procure distrettuali) la competenza in ordine ai reati informatici e in materia di pedopornografia. Una competenza che riguarda non solo le fattispecie di reato dei computer crime in senso stretto, ma anche quelle disciplinate dagli artt. 600-bis, ter, quater e quinquies.
Il termine pedofilia è il risultato della combinazione di due vocaboli: bambino e amicizia-affetto; se però questi “sentimenti” sono rivolti a un adolescente è più corretto parlare di efebofilia.
La psichiatria include la pedofilia tra le parafilie, ossia i disturbi o devianze sessuali da cui è affitto un soggetto sessualmente maturo nei confronti di chi non ha ancora raggiunto la maturità sessuale. Un pedofilo tuttavia non è necessariamente un violentatore o un molestatore. La psichiatria e la criminologia infatti tendono a distinguere i pedofili da chi abusa o violenta i bambini.
Il termine pedofilia infatti descrive più propriamente “l’attrazione” per i bambini, che fino a quando non si traduce in un’azione, non può considerarsi reato.
Alla luce di quanto detto, il reato contemplato dall’art. 414-bis del c.p “Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia” inserito dall’art. 4, della legge n. 172 del 01/10/2012 (che ha ratificato la Convenzione di Lanzarote), utilizza propriamente il termine “pedofilia”, visto che in questa accezione si estrinseca necessariamente in condotte illecite. Questo articolo prevede infatti la reclusione da un anno a sei mesi a cinque anni per chi “con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione, pubblicamente istiga a commettere, in danno di minorenni, uno o più delitti previsti dagli articoli 600 bis, 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater 1, 600 quinquies, 609 bis, 609 quater e 609 quinquies. Alla stessa pena soggiace anche chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti previsti dal primo comma. Non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume.”
La norma tenta in sostanza di prevenire e ostacolare a monte tutti i reati a sfondo sessuale perpetrati in danno dei minori e contemplati in diverse norme del codice penale.
Il codice preferisce la nozione ampia di atti sessuali a quella di rapporto sessuale: mentre per quest’ultimo, di norma, si intende solamente la congiunzione carnale tra due persone, gli atti sessuali sono concetto più ampio, nel quale sono ricomprese tutte le azioni che coinvolgono le zone erogene di una persona. Addirittura, può essere qualificato come atto sessuale anche l’attenzione nei confronti di una persona dalla quale deriva un piacere erotico.
Secondo il codice penale, chiunque compie atti sessuali con persona che non ha ancora compiuto quattordici anni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Stessa pena è prevista per colui che realizza atti sessuali con chi non ha compiuto sedici anni, quando egli sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza.
Il reato appena descritto prende il nome di atti sessuali con minorenne, e prevede due ipotesi:
- la prima, che gli atti sessuali avvengano con minore di quattordici anni consenziente;
- la seconda, che gli atti sessuali vengano compiuti con minore di sedici anni consenziente, se colui che li realizza vanta un particolare rapporto con la persona offesa (genitore, ascendente, tutore, ecc.).
Eccezionalmente, non è punibile il minorenne che compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni (non è quindi punibile e non costituisce reato un rapporto sessuale tra un sedicenne ed una tredicenne).
La differenza tra gli atti sessuali con minorenne e la violenza sessuale è chiara: in quest’ultimo reato manca totalmente il consenso della vittima ad avere un rapporto sessuale; nell’ipotesi di atti sessuali con minori, invece, la vittima è consenziente, solo che la legge ritiene che si tratti di un consenso “immaturo” e di conseguenza soggetto ad azioni di tutela (è quindi punibile e costituisce reato un rapporto sessuale tra un diciottenne ed una tredicenne, pur se consenziente).
In tal senso, anche la giurisprudenza di merito ritiene che “…….il delitto di atti sessuali con minorenne, di cui all’art. 609-quater c.p., punisce il compimento di qualsiasi atto sessuale commesso con persona che non abbia compiuto gli anni quattordici al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 609-bis del codice penale e, dunque, anche senza violenza o minaccia o abuso di autorità. Per la configurabilità di tale fattispecie incriminatrice, il consenso della persona offesa è del tutto irrilevante, in quanto la norma intende tutelare non già la libertà sessuale del minore, ma la tutela dell’integrità fisico-psichica dello stesso nella prospettiva di un corretto sviluppo della sfera sessuale. Difatti, in relazione all’età, la persona offesa è considerata immatura e incapace di disporre consapevolmente del proprio corpo a fini sessuali. Quanto al dato anagrafico della vittima, inoltre, compatibilmente con il principio di personalità della responsabilità penale, di cui all’art. 27 Cost., l’ignoranza e l’errore inevitabile non possono fondarsi soltanto, o essenzialmente, sulla dichiarazione della vittima di avere un’età superiore a quella effettiva…….”(Corte d’Appello di Ancona, 09/09/2019 n°914).
Veniamo ora alla pornografia minorile.
In Italia la pornografia non è un reato, ma lo è invece quella minorile, sempre in un’ottica di tutela del bene e dell’integrità psico-fisica del minore.
Il codice penale, al fine di tutelare la sessualità minorile, sanziona severamente una serie di condotte che vanno dalla realizzazione del prodotto pedopornografico alla distribuzione, diffusione, divulgazione o pubblicizzazione, anche per via telematica, del materiale incriminato.
Il codice stesso, per pornografia minorile intende qualsiasi rappresentazione, realizzata con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minorenne per scopi sessuali.
Così la Giurisprudenza, secondo cui “………in tema di pornografia minorile, in virtù della modifica introdotta dall’art. 4, comma 1, lett. l), della legge n. 172 del 2012 (Ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale) – che ha sostituito il primo comma dell’art. 600-ter cod. pen. – costituisce materiale pedopornografico la rappresentazione, con qualsiasi mezzo atto alla conservazione, di atti sessuali espliciti coinvolgenti soggetti minori di età, oppure degli organi sessuali di minori con modalità tali da rendere manifesto il fine di causare concupiscenza od ogni altra pulsione di natura sessuale……” (Cass. Pen. Sez. V, 08/06/2018 n°33862).
Il codice penale punisce con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da 24 mila a 240mila euro chiunque:
- utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
- recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto (alla stessa pena soggiace chi fa commercio del suddetto materiale pornografico).
In tal senso si è pronunciata anche la Cassazione, secondo cui “……a seguito delle modifiche legislative di cui alla Legge n. 38 del 2006, il reato di cui all’art. 600-quater c.p. (detenzione di materiale pornografico) può configurarsi con due condotte: il procurarsi ed il detenere. Le due forme con cui può manifestarsi il reato, anche se sembrano tra loro alternative, hanno tuttavia un elemento comune che è costituito dalla detenzione sia pure momentanea del materiale pedopornografico in capo a colui che se lo procura; non si tratta di due reati diversi, ma di due diverse modalità di perpetrazione del medesimo reato e quindi le due condotte non possono concorrere tra di loro………” (Cass. Pen. Sez. III, 10/04/2019 n°25558).
Il problema da risolvere in realtà, gira intorno all’esigenza di prevenire la pedofilia: e questo significa comprendere come possa una persona diventare pedofilo ed evitare per quanto è possibile, che questo avvenga. Significa fare in modo che i propri figli non corrano il rischio di subire il fascino e l’attrazione perversa di un pedofilo.
Significa sensibilizzare tutta la società a guardare a questo problema come una responsabilità di tutti, perché occorre “spendere” un po’ di sé stessi per gli altri, per vivere una speranza, per evitare che i bambini possano vivere un difficile futuro, perché i bambini di oggi sono gli adulti di domani.
E perché le tracce e i segni di una violenza sessuale, in tenera età, rimangono dentro per sempre.
Ricordiamo tutti una sola cosa…i bambini non si toccano!
Avv. Isabella Saponieri