#WeeklyUpdates | L’abuso del bene locato: nota all’ordinanza della Cassazione n°22860/2020
La sentenza della Cassazione Civile Sez. III, 20.10.2020 n°22860 ha segnato una modifica sostanziale all’orientamento che riguardava le obbligazioni gravanti sul conduttore in tema di locazione, ex art. 1587 c.c.
Il dispositivo del succitato articolo recita che “…il conduttore deve prendere in consegna la cosa ed osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto… […]; dare il corrispettivo nei termini convenuti…”.
Sebbene contemplate soltanto in due capi, le principali obbligazioni scaturenti nei confronti del conduttore sono tre e fanno riscontro alle obbligazioni principali del locatore ex art. 1575 c.c.
All’obbligo del locatore di consegnare la cosa locata in buono stato di manutenzione, corrisponde quello del conduttore di prendere in consegna la cosa; all’obbligo di mantenerla in stato da servire all’uso convenuto corrisponde quello di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene; alla garanzia del pacifico godimento durante la locazione corrisponde l’obbligo di dare il corrispettivo pattuito nei termini convenuti.
Altra importante obbligazione incombe sul conduttore e cioè quella di restituire la cosa locata (art. 1590) così come sono a carico del conduttore le riparazioni di piccola manutenzione (art. 1576). Fondamentalmente, le modificazioni vietate al conduttore sono sempre e solo quelle che arrecano pregiudizio al locatore e che di fato impediscono al conduttore di adempiere quanto contenuto nell’art. 1590 c.c., ossia restituire la cosa nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta.
Ovviamente il dovere di diligenza riguarda sia l’uso del bene che il concetto di custodia ed è finalizzato a garantire la restituzione del bene.
Il conduttore è, quindi, autorizzato a compiere qualsiasi modificazione dalla quale però non derivi alcun danno al locatore e sempre che sia possibile, alla fine della locazione, il ristabilimento delle cose nello stato in pristino.
In buona sostanza, se il conduttore destina il bene ad un uso diverso da quello pattuito o da quello desumibile dalle circostanze, il locale potrà legittimamente chiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c.
Tuttavia, tale obbligo gravante sul conduttore, non esonera il locatore dall’obbligo di custodia del bene e la relativa responsabilità verso i terzi, permanendo in capo allo stesso un effettivo potere di controllo sull’immobile locato.
La diligenza nell’uso della cosa locata è obbligazione che opera nel corso del rapporto, indipendentemente dal distinto obbligo di restituire al locatore la cosa al termine della locazione nello stato in cui è stata ricevuta e consiste nell’adozione di tutte le cautele imposte dalla natura della cosa e dalla volontà delle parti, ferma restando la responsabilità per custodia (ai sensi dell’art. 2051) per i danni derivati a terzi, in conseguenza della omessa manutenzione ordinaria.
Ne consegue che qualora il conduttore, nel corso del rapporto, si renda inadempiente al suddetto obbligo, il locatore potrà agire sia per la risoluzione del contratto, sia per la riduzione in pristino o l’esecuzione delle necessarie opere di manutenzione, sempre salvo risarcimento dei danni, senza necessità di attendere la cessazione del rapporto.
In dottrina si sono da sempre riscontrate due diverse posizioni: l’una volta a configurare la diligenza come vera e propria obbligazione principale, la cui violazione comporterebbe l’inadempimento di una delle obbligazioni corrispettive; l’altra invece considera il dovere di diligenza nell’uso della cosa locata come una specificazione del più ampio principio previsto nell’art. 1176 c.c., concernente l’obbligo generale gravante sul debitore di utilizzare la diligenza del buon padre di famiglia.
Con riferimento all’obbligo del conduttore di osservare, nell’uso della cosa locata, la diligenza del buon padre di famiglia (ex art. 1587, n. 1 c.c.), la violazione del quale costituisce inadempimento valutabile ai fini della risoluzione del rapporto, la Suprema Corte ha evidenziato come l’abuso nel godimento non implica necessariamente il concreto verificarsi di danni materiali, potendo consistere in qualsiasi comportamento lesivo degli interessi del locatore, a nulla rilevando che astrattamente modifiche od innovazioni possono servire a migliorare la cosa stessa. Pertanto, ove il conduttore alteri, sia pure in parte, lo stato della cosa locata, spetta al giudice del merito apprezzare l’importanza dell’inadempimento ai fini dell’eventuale risoluzione, dando rilevanza, più che all’entità oggettiva dell’inadempimento, alla sua incidenza nell’interesse della controparte (cfr. Cass. Civ. n°9622/1999; Cass. Civ. n°2275/1988).
Tuttavia la Suprema Corte, con una recentissima pronuncia, ha esteso l’ambito di applicazione dell’art. 1587 c.c. e dei relativi motivi di risoluzione contrattuale per inadempimento, sancendo che “………la condotta del conduttore è motivo di abuso di bene locato, se rinviene da atti molesti volti a recare danno agli altri abitanti dello stabile. E’ oltremodo ravvisabile l’inadempimento contrattuale qualora, anche in assenza di modificazione di fatto dell’immobile o cambio della destinazione d’uso, l’utilizzo possa comunque pregiudicare il valore dell’immobile stesso, ciò in applicazione dell’art. 1587 c.c. ………” (Cass. Civ. Sez. III, 20.10.2020 n°22860).
Meritevole di attenzione la sentenza qui commentata con cui la Corte di Cassazione si pronuncia sulla configurabilità dell’inadempimento del conduttore nei confronti del locatore.
Anche le molestie provocate ai vicini possono costituire abuso del bene locato e determinare una violazione della norma suddetta: ciò potrà portare alla risoluzione del contratto d’affitto con conseguente sfratto dell’inquilino.
Il comportamento del conduttore che provoca molestie di fatto agli altri inquilini del fabbricato (nella specie, insulti, imbrattamenti, nonché l’affissione di cartelli con ingiurie alla porta dei vicini) costituisce inadempimento contrattuale per abuso della cosa locata ex art. 1587 c.c. nei confronti del locatore, dovendo questo rispondere verso gli altri inquilini per fatto proprio, ove tolleri tali molestie.
Ad abundantiam, la Corte sottolinea come la condotta inadempiente ai fini della risoluzione possa essere integrata anche da un solo episodio, per la gravità dello stesso, che dovrà sempre essere valutato dal giudice di merito.
La Cassazione, in particolare, nella fattispecie de qua nella quale i giudici di merito avevano condannato la conduttrice al rilascio dell’alloggio popolare, conferma che il comportamento del conduttore che arreca molestia ai vicini è motivo di inadempimento contrattuale.
E ciò perché il conduttore dell’alloggio deve osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsi dell’immobile, mentre gli insulti e le condotte aggressive serbate confronti degli altri residenti nel condominio costituiscono abuso del bene locato.
Nello specifico della vicenda in esame, una donna aveva molestato i vicini di casa con insulti, imbrattando con vernice le loro porte e addirittura affiggendo all’interno del condominio dei cartelli con ingiurie nei loro confronti: atteggiamento che il proprietario riteneva avesse violato la clausola del contratto che vieta al conduttore di “compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli altri abitanti dello stabile”, nonché la previsione di cui all’art. 1587 c.c., che, come ampiamente ribadito, impone al conduttore di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsi della cosa locata.
La risoluzione del contratto veniva confermata anche in sede d’appello e per questo la vicenda giunse innanzi agli Ermellini che ritennero a loro volta corretta la decisione del giudice a quo.
Senza dimenticare che il giudice d’appello, inoltre, aveva anche confermato l’inadempimento (già proclamato dal Tribunale) del contratto in rapporto al suo art. 2, prevedente divieto di molestie agli altri abitanti dello stabile.
Come si legge nell’ordinanza, il rilievo della condotta della signora ai fini dell’inadempimento dell’obbligo di cui all’art. 1587 n. 1 c.c. è oggetto di valutazione di merito.
La Corte di Cassazione, nello sposare la conclusione del giudice di merito, evidenzia come la giurisprudenza di legittimità e di merito abbia affermato in precedenti pronunce che le molestie ai vicini costituiscono abuso di bene locato in violazione quindi dell’articolo 1587 del codice civile.
Ad esempio giova ricordare che “………in caso di danni provocati a terzi da accessori e/o parti dell’immobile di cui disponga il conduttore, la relativa responsabilità grava solo sul conduttore, che deve ritenersi titolare di tutti gli obblighi derivanti dal contratto di locazione, e non anche sul proprietario dell’immobile locato………” (Corte d’Appello di Firenze Sez. III, 26.09.2018 n°2187).
In buona sostanza, la vicenda esaminata costituisce un precedente importante nell’ambito dei rapporti di locazione, in quanto il locatore oggi potrà arrivare all’immediata risoluzione del contratto che legittima anche lo sfratto dell’immobile se dal comportamento del conduttore dovesse pervenire una molestia o un danno, di qualsiasi natura, agli altri abitanti dello stabile.
Avv. Isabella Saponieri