#WeeklyUpdates | La querela di falso, strumento per contestare la veridicità di un atto pubblico
Quando si parla di atto pubblico (art. 2699 c.c.) e di scrittura privata (art. 2702 c.c.) ci si riferisce a due documenti assai simili nella forma ma con enormi differenze: nel primo caso si tratta di un documento redatto da un pubblico ufficiale, nel secondo caso, invece, si riferisce al documento creato da privati, senza l’assistenza di alcun pubblico ufficiale.
Per fare un esempio pratico, un atto pubblico può consistere in un contratto di compravendita firmato dinanzi ad un notaio, oppure il verbale a firma dei Carabinieri, l’attestazione di avvenuta consegna di una raccomandata redatta da un postino, la sentenza di un giudice o ancora il certificato di residenza rilasciato dall’ufficio anagrafe ecc.
La scrittura privata, invece, è un documento sottoscritto da una o più parti, per definire e regolare reciproci interessi e posizioni nell’ambito di uno o più rapporti.
Tali atti non solo si differenziano sul piano dei soggetti-relatori ma anche sulla valenza probatoria che ne assumono.
Ed infatti, la caratteristica dell’atto pubblico è quella di garantire una piena prova circa la provenienza dell’atto: garanzia che viene assicurata proprio dalla presenza del pubblico ufficiale. La caratteristica principale della scrittura privata è, invece, quella di costituire una prova documentale nei confronti dei soli firmatari.
Ne consegue che se un soggetto ritiene che la sottoscrizione non sia la propria, per togliere ogni valore può procedere alla sua contestazione.
E sul punto, riscontriamo la terza importante differenza tra atto pubblico e scrittura privata.
Per contestare la scrittura privata basta avanzare la c.d. istanza di verificazione della scrittura privata, mentre nel caso in cui occorra contestare un atto pubblico, al contrario, il legislatore ha previsto lo strumento della querela di falso.
Prima di parlare della querela di falso, una precisione va fatta in punto di scrittura privata autenticata (art. 2703 c.c.).
Essa è definita così perché le firme ivi apposte vengono espressamente autenticate da un pubblico ufficiale e. pertanto, a tale istituto è applicabile in toto il regime giuridico di un atto pubblico: essa farà, dunque, piena prova fino a querela di falso.
In questa sede si esaminerà il procedimento della querela di falso.
La querela di falso è un procedimento giurisdizionale finalizzato a contestare la veridicità di un atto pubblico oppure di una scrittura privata riconosciuta.
I riferimenti normativi alla base di tale disciplina sono rinvenibili agli artt. 221 ss. c.p.c..
La querela di falso si propone con atto di citazione, redatto personalmente dalla parte o a mezzo del difensore munito di procura speciale, regolarmente iscritta a ruolo e notificata alla controparte.
Nella pratica, la querela di falso può essere proposta:
- in via incidentale, nel corso del procedimento in cui un dato documento è stato prodotto;
- in via principale, ovvero avviando un procedimento autonomo al fine di far dichiarare la non autenticità del documento.
La falsità in oggetto, inoltre, può essere di tipo:
- materiale, ovvero consistere nella contraffazione del documento o nell’alterazione dell’originale;
- ideologica: in questo caso viene contestato il contenuto “intrinseco” del documento.
Sul piano della legittimazione attiva, una giurisprudenza ormai maggioritaria ritiene che legittimato a proporre querela di falso è “…………………chiunque abbia interesse a contrastare l’efficacia probatoria di un documento munito di fede privilegiata in relazione ad una pretesa che su esso si fondi, non esclusa la stessa parte che l’abbia prodotto in giudizio……………..” (cfr. Cass. n. 3305/1997, Cass. n. 11489/2008).
In punto di riparto di competenza, giova evidenziare anzitutto che trattasi di giudizio di competenza esclusiva del Tribunale in composizione collegiale mentre, in ordine di competenza territoriale, essa viene individuata ai sensi degli artt. 18 e 19 c.p.c.
La giurisprudenza di legittimità, inoltre, prevede che nel caso in cui sia convenuta in giudizio una persona giuridica “………….….è competente il giudice del luogo dove essa ha sede. È competente altresì il giudice del luogo dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda………….” e tali criteri sono inderogabili posto che nel procedimento di querela di falso è obbligatorio l’intervento del P.M. (Cfr. Cassazione civile, sez. VI, Ord. 01 Giugno 2020, n. 10361).
Più nel dettaglio, appare opportuno analizzare, sul piano probatorio, quando è ammissibile la domanda attrice, ovvero quando rilevano i presupposti di cui all’art. 221 c.p.c. Ed invero, la giurisprudenza sul punto ritiene che “………ferma restando la necessità di addurre adeguati ed univoci riscontri probatori a sostegno della denuncia di falsità del documento, tale onere potrà essere assolto con qualsiasi mezzo istruttorio (anche per il tramite di presunzioni) e l’indicazione di questi non sarà necessaria nel caso di falso rilevabile ictu oculi………..” (Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 7 maggio 2018, n. 10874). Ed, infatti, il principio testé enunciato è stato confermato ed ulteriormente specificato dalla giurisprudenza di legittimità pronunciatasi in materia ove afferma che: “…….. Ai fini della valida proposizione della querela di falso, l’obbligo di indicazione degli elementi e delle prove della falsità previsto dall’art. 221 c.p.c. può essere assolto con qualsiasi tipo di prova che sia idonea all’accertamento del falso e, quindi, anche a mezzo di presunzioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto inidonei a dimostrare la falsità della sottoscrizione di una quietanza di integrale soddisfacimento di un credito risarcitorio il deposito di una consulenza tecnica di parte, la sottoscrizione, da parte della querelante, del verbale di udienza, la dichiarazione di disponibilità della stessa al saggio grafico, nonché la macroscopica inferiorità della somma riportata nella quietanza rispetto a quella oggetto della domanda risarcitoria e a quella indicata in una bozza di transazione sottoscritta dalla medesima querelante)………” (Cfr. Cassazione civile, sez. III, 19/02/2019, n. 4720).
Per tali motivazioni, per assolvere al proprio onere probatorio, chi vuole far valere la falsità di un documento può nel giudizi di querela chiedere al Giudice Istruttore che venga ammessa la C.T.U. grafologica, mezzo di prova finalizzato ad accertare e dichiarare la falsità delle sottoscrizioni attribuite all’istante.
In particolare, in merito alla rilevanza del mezzo di prova sopra indicato, sul punto la giurisprudenza di legittimità, ormai granitica, ha statuito che “……..non corrisponde al vero che la perizia grafologica sia priva di valore probatorio, atteso che la consulenza grafica è il principale strumento di accertamento dell’autenticità della grafia ed il giudice può aderire alle sue conclusioni senza essere tenuto a motivare l’adesione, salvo che dette conclusioni non formino oggetto di specifiche censure……” (Cfr. Cass. n. 1149 del 2011).
Il giudice, dunque, ammette i mezzi istruttori necessari a verificare la falsità del documento, disponendone anche i modi e i termini di utilizzo.
Il lavoro del perito grafologo si basa essenzialmente su un’attività di studio della grafia e di comparazione di testi autografi, indispensabili per poter confrontare le diverse sottoscrizioni.
In altre parole, il perito grafologo si occupa di studiare la grafia presente su uno o più documenti, in genere al fine di determinarne la riconducibilità al presunto autore, o detto ancora, tecnica volta ad accertare se un testo olografo sia di paternità di un determinato soggetto.
In punto di istruttoria, il giudizio di falso non segue un iter processuale ben specificato essendo, in sostanza, rimesso al G.I. la regolamentazione del giudizio mediante la concessione dei termini ex art. 183 VI co c.p.c. o autorizzando il deposito di mere note autorizzate per controdedurre e avanzare le proprie richieste istruttorie.
In fase decisionale, infine, ai sensi dell’articolo 226 c.p.c. il collegio ha comunque la possibilità di rigettare la querela di falso: in tal caso, il Giudice ordina la restituzione del documento e dispone che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena pecuniaria.
Nell’ipotesi in cui, invece, la falsità del documento fosse accertata dal collegio, e dunque venisse accolta la domanda attorea, ne sarebbe dichiarata la cancellazione totale o parziale o l’eventuale ripristino, rinnovazione o riforma del documento stesso.
Dott.ssa Paola Blaiotta