#WeeklyUpdates |Stato di abbandono ed adottabilità
La Convenzione sui diritti del fanciullo dell’Onu del 1989 all’art. 3, sancisce espressamente che “…in tutte le azioni riguardanti bambini, se avviate da istituzioni di assistenza sociale, private e pubbliche, tribunali, autorità amministrative, corpi legislativi, i maggiori interessi dei bambini devono costituire oggetto di primaria importanza…”.
Si tratta di una norma di diritto internazionale, un principio che ha chiaramente carattere programmatico, ma dall’entrata in vigore della legge di ratifica del 27 maggio 1991 n. 179, l’art. 3 è divenuto principio cardine del nostro ordinamento giuridico, tanto che si può considerare uno dei criteri interpretativi più importante delle singole norme per superare le eventuali ambiguità delle stesse. A conferma di ciò esiste tutta una giurisprudenza, di merito, di legittimità e anche della Corte Costituzionale, che ha sempre più spesso fatto ricorso alla Convenzione Onu per l’interpretazione di norme in materia di diritto minorile, un’interpretazione diretta a favorire le esigenze e i diritti dei minori.
La Corte Costituzionale naturalmente ricava il principio della tutela dell’interesse del minore anche da norme di rango costituzionale: nella motivazione della sentenza n°148/1992 si citano espressamente le norme di cui agli artt. 2 e 31 della Costituzione che fanno assumere alla protezione della personalità dei minori un valore costituzionalmente garantito.
Orbene!
Sussiste condizione di abbandono quando il comportamento dei genitori compromette o determina un grave pericolo per lo sviluppo e la formazione della personalità del minore.
Un bambino è adottabile quando viene accertata dal Tribunale dei Minori la sua situazione di privazione di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
Sul punto la Cassazione ha stabilito più volte ed in diverse pronunce che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità di un minore presuppone l’individuazione rigorosa di carenze materiali ed affettive di tale rilevanza da integrare di per sé una situazione di pregiudizio per il minore, tenuto anche conto dell’esigenza primaria che questi cresca nella famiglia di origine, esigenza che non può essere sacrificata per la semplice inadeguatezza dell’assistenza o degli atteggiamenti psicologici e/o educativi dei genitori.
Da ciò si desume che il minore si trova in stato di abbandono ogniqualvolta vi sia carenza di quel minimo di cure materiali, calore affettivo ed aiuto psicologico necessari per assicurargli un equilibrato sviluppo psico-fisico.
Vediamo l’iter che il nostro ordinamento prevede nel caso di segnalazione di situazione di abbandono a minori di età (art. 9 L. 184/83):
– la segnalazione va presentata al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minori del luogo in cui il minore si trova;
– il Presidente del Tribunale dei Minori – o un Giudice da lui delegato – ricevuto il ricorso/segnalazione provvede all’apertura immediata di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore;
– si procede, poi, agli accertamenti della situazione di abbandono. All’atto dell’apertura del procedimento vengono avvertiti i genitori o i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti con il minore;
– con il medesimo atto il Presidente del Tribunale dei Minori invita i genitori a nominare un difensore e informa loro della nomina di un difensore d’ ufficio nel caso non vi provvedano;
– a seguito dell’esito positivo degli accertamenti, il Tribunale provvede a dichiarare lo stato di adottabilità.
La dichiarazione dello stato di adottabilità è pronunciata dal Tribunale dei Minori, con sentenza, che può essere impugnata dal Pubblico Ministero, dai genitori del minore e dai parenti entro il quarto grado davanti alla Corte d’Appello e in seguito, eventualmente, davanti alla Corte di Cassazione, entro i termini previsti dalla normativa vigente.
Perché si realizzi lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione dell’adottabilità di un minore non è necessario che da parte dei genitori vi sia una precisa volontà di abbandonare il figlio ma è sufficiente che i genitori tengano un comportamento commissivo, ma anche solo omissivo, inconciliabile con l’esercizio del diritto – dovere di istruire, educare e mantenere i figli, loro imposto dall’art. 147 c.c. ed ancor prima dall’art. 30 Cost.
Allo stesso tempo appare inconfutabile il realizzarsi dello stato di abbandono se il genitore, al momento della nascita del figlio, abbia manifestato la chiara e precisa volontà di non volersene occupare.
Sul punto de quo si è pronunciata più volte la Giurisprudenza, che proprio di recente con ordinanza ha stabilito che “…il fondamento della condizione di adottabilità di un minore risiede in un suo stato personale costituito da una situazione non transeunte di abbandono, non suscettibile, prevedibilmente, di essere superata e la cui rimozione sia necessaria per consentire al bambino di ricevere l’assistenza, morale e materiale, della quale il suo sviluppo ha bisogno…” e che “…il rifiuto intenzionale dell’adempimento dei doveri genitoriali [espresso al momento della nascita ndr.] assume rilievo ai fini della dimostrazione della situazione di abbandono, a meno che lo stesso non venga validamente superato da un eventuale atteggiamento sopravvenuto dei genitori naturali, contrario a quello originario di rifiuto di assistenza, che risulti credibile…” (Cass. Civ. Sez. I, 17.09.2020 n°19326).
Ad ogni buon conto appare lapalissiano che ciò che il Giudice deve, come elemento primario ed imprescindibile nella dichiarazione di adottabilità, tutelare esclusivamente l’interesse del minore, salvaguardare il suo sviluppo ed il suo equilibrio psichico.
Avv. Isabella Saponieri