#WeeklyUpdates | La nullità del matrimonio religioso
In ossequio ai Patti Lateranensi, gli accordi sottoscritti tra il Regno d’Italia e la Santa Sede l’11 febbraio del 1929 e successivamente sottoposti a revisione nel 1984, il matrimonio svolto davanti ad un Ministro di culto cattolico acquista piena efficacia giuridica anche di fronte allo Stato. Tale istituto è noto come il matrimonio concordatario, ossia l’unica forma di unione tra un uomo e una donna che produce effetti sia religiosi che civili. Affinché si parli di matrimonio concordatario è opportuno esperire una serie di obblighi: a) le pubblicazioni recanti le informazioni circa i soggetti nubendi con affissione alle porte della chiesa parrocchiale e alla porta della casa comunale; b) la lettura, da parte del celebrante, degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile; c) la funzione religiosa svolta alla presenza di almeno 2 testimoni; d) la trascrizione nei registri dello stato civile entro 5 giorni dal matrimonio contratto.
Al contrario, l’ordinamento giuridico italiano prevede due strumenti giuridici, molto differenti tra loro, per determinare la fine di un matrimonio: si tratta dell’istituto della separazione o del divorzio.
Per separazione s’intende la sospensione del vincolo coniugale e di tutti gli obblighi che da esso ne derivano, ovvero la convivenza e i doveri reciprochi. Nei confronti della prole, al contrario, i genitori rimangono obbligati a provvedere al mantenimento dei figli. La separazione può essere di 2 tipi: consensuale o giudiziale, a seconda del fatto che questa avvenga in accordo o in disaccordo tra i coniugi. Sul piano economico, invece, si stabilisce che il coniuge economicamente più debole ha diritto a ricevere un assegno di mantenimento dello stesso tenore di vita goduto in costanza del matrimonio.
Il divorzio, invece, è uno strumento giuridico con il quale si determina lo scioglimento del vincolo coniugale e, di conseguenza, la cessazione degli effetti civili del matrimonio stesso. Rimangono invariati il regime dell’assegno di mantenimento e gli obblighi nei confronti della prole. L’unica variante è che l’assegno di mantenimento per il coniuge spetta solo quando questo risulti economicamente insufficiente e non possa lavorare.
Tuttavia, la fine di un matrimonio, oltre che dalla separazione o dal divorzio, può essere sancita anche dalla Chiesa, anzi, per essere più precisi dal Tribunale ordinario della Santa Sede, ovvero la Rota Romana.
Bisogna, innanzitutto, precisare che la decisione di tale Autorità dichiara la nullità del matrimonio dal punto di vista religioso, quindi come se non fosse mai esistito.
Le cause per richiedere la nullità del matrimonio sono di seguito elencate:
a) difetto di consenso da parte di uno dei coniugi, da cui consegue che i soggetti non devono essere soggetti a costrizioni, intimidazione, ansie e paure;
b) la violazione di una delle proprietà essenziali ovvero la fedeltà e l’indissolubilità del matrimonio;
c) la violenza fisica del coniuge;
d) il matrimonio rato e non consumato;
e) la presenza di uno degli impedimenti quali l’impotentia coeundi, il vincolo di precedente matrimonio, il legame tra familiari e affini, la diversità di religione, l’errore di persona ecc. (alcuni di questi sono impedimenti dispensabili su responsabilità dell’Autorità giudiziaria);
f) il difetto di forma canonica, ovvero un difetto nella celebrazione della funzione religiosa.
Di recente, è stata introdotta come causa anche il “mammismo”, ovvero l’incapacità del coniuge di separarsi dai genitori.
Analogo a quanto previsto dall’ordinamento interno, il processo di riforma, voluto da Papa Francesco nel 2015, ha approvato una sorta di “divorzio breve” nelle ipotesi di: a) mancanza di fede; b) brevità della convivenza coniugale; c) l’aborto procurato; d) l’occultamento della sterilità e/o di figli nati da una precedente relazione o, infine, della carcerazione.
Una volta ottenuta la pronuncia del tribunale ecclesiastico, e ottenuto il decreto di esecutività da parte del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, al fine di conseguire gli effetti dello stato libero occorrerà chiedere la declaratoria di validità mediante un procedimento detto giudizio di delibazione alla Corte d’appello competente per territorio, ovvero nel cui distretto si trova il Comune dove il matrimonio concordatario è stato celebrato.La stessa, in caso di accoglimento, dichiarerà nullo il matrimonio anche per l’ordinamento civile.
Se alla sentenza di nullità segue una nuova pronuncia del tribunale ecclesiastico che accerti la validità canonica del matrimonio concordatario, viene ripristinata la validità del matrimonio già dichiarato nullo e rivivono gli effetti civili del vecchio.
E vissero tutti felici e….?
Dott.ssa Paola Blaiotta