#WeeklyUpdates | Le impugnazioni incidentali: analisi e procedimenti
Con il termine impugnazioni incidentali s’intende la proposizione di un giudizio incidentale successivamente all’instaurazione della impugnazione c.d. principale – quella formulata in via autonoma da chi ne abbia interesse, di solito un soggetto soccombente – e regolamentate, in generale, agli artt. 333-334 c.p.c.
Affinché si ricorra a tale istituto giuridico, occorre che sia preventivamente esperita l’impugnazione principale, per modo che le altre parti soccombenti, che abbiano comunque un interesse ad impugnare, propongano la loro impugnazione nel processo di gravame già iniziato, al fine di impedire la duplicazione dei procedimenti aventi ad oggetto l’impugnazione di medesimi provvedimenti.
In sostanza, l’esperimento di una impugnazione incidentale riguarda l’ipotesi in cui coloro che siano stati coinvolti dall’impugnazione principale chiedano a loro volta di riformare il provvedimento per quella parte che abbia penalizzato i propri interessi.
Presupposto perché le parti soccombenti possano impugnare in via incidentale è quello di essere venuti a conoscenza della proposizione dell’impugnazione principale, attraverso notifica della stessa, nonché la sua proposizione a pena di decadenza nel primo atto difensivo, ovvero nella comparsa di costituzione e risposta nel caso di giudizio di appello o nel controricorso per un giudizio in Cassazione.
Per quanto concerne le modalità della proposizione dell’impugnazione incidentale, questa può essere tempestiva o tardiva.
La prima ipotesi si verifica quando l’impugnazione incidentale viene proposta se sono ancora pendenti i termini per proporre l’impugnazione principale: in questo caso, l’impugnazione incidentale non ha nessun rapporto con quella principale: vale a dire che, se l’impugnazione principale non viene ammessa, questa resta lo stesso valida e viceversa: è, pertanto, autonoma.
Si parla, invece, di impugnazione incidentale tardiva quando la parte propone l’impugnazione spirato il termine per impugnare ma comunque nel rispetto del termine di costituzione della parte previsto ex lege: in quest’ultimo caso, l’ordinamento garantisce implicitamente una sorta di remissione in termini.
Circa la legittimazione attiva, vi è da dire che le impugnazioni incidentali possono essere proposte non solo dai soggetti che siano convenuti con l’impugnazione principale, in quanto l’ordinamento giuridico interno ha previsto la legittimazione a presentare un’impugnazione incidentale anche alle parti che siano state chiamate a integrare il contraddittorio a norma dell’articolo 331 c.p.c. purché ne abbiano, comunque, interesse.
Prima di entrare nel merito della procedura per presentare una impugnazione incidentale, occorre, seppur brevemente, esaminare le varie tipologie di impugnazioni.
Le impugnazioni vengono, così, suddivise:
– mezzi di impugnazione ordinari: regolamento di competenza, l’appello e il ricorso per Cassazione.
–mezzi di impugnazione straordinari: revocazione ordinaria o straordinaria e opposizione di terzo.
I primi sono esperibili quando la sentenza non è passata in giudicato; i secondi, al contrario, possono essere posti in essere anche dopo il passaggio in giudicato della stessa.
In questa sede seguono, sinteticamente, breve analisi di ciascun mezzo di impugnazione previsto dal codice a partire dai mezzi di impugnazione ordinari.
Per regolamento di competenza (artt. 42 a 50 – 310, 375, 380-ter c.p.c.) s’intende un rimedio per la soluzione dei conflitti di competenza: esso, infatti, è utilizzabile contro tutti i provvedimenti che decidano della competenza; si propone in Cassazione.
L’appello (artt. 339 e ss c.p.c) è il mezzo di impugnazione riservato alla parte soccombente per ottenere la riforma della sentenza per un eventuale vizio logico di merito o di diritto.
L’appello è ritenuto mezzo di impugnazione a critica libera: la parte può, infatti, dolersi sia di errores in judicando che di errores in procedendo, nonché di vizi che attengono alla mera ingiustizia del provvedimento emesso in primo grado.
Giudici competenti a pronunciarsi sull’appello sono la Corte d’Appello avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale, e quest’ultimo per i provvedimenti emessi dal Giudice di Pace.
Il ricorso per Cassazione (art. 360 ss. c.p.c.) è un mezzo di impugnazione ad effetto limitato: con tale mezzo si possono far valere solo vizi di legittimità, attenenti a vizi nell’applicazione di norme processuali e/o di diritti sostanziali. Si propone, chiaramente, in Cassazione.
In relazione, invece, ai mezzi di impugnazione straordinari, esperibili avverso le sentenze già passate in giudicato, si evidenzia quanto segue.
La revocazione, disciplinata all’art. 395 s.s. c.p.c., si distingue in revocazione ordinaria e revocazione straordinaria.
La prima ipotesi (N. 4 e 5) è esperibile quando: a) la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; b) quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita; c) quando la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione.
Si avrà, invece, revocazione straordinaria (N. 1,2,3 e 6) quando la sentenza: a) è l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; b) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza, o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; c) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; d) se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
In ultimo, l’opposizione di terzo, anche in questo caso di natura ordinaria o revocatoria, è un mezzo di impugnazione straordinario previsto all’art. 404 s.s. c.p.c. che consente la possibilità al terzo, estraneo al procedimento, di proporre opposizione contro la sentenza pronunciata tra altre persone, con il presupposto che questa ne pregiudichi i diritti del terzo. Per pregiudizio si intende il danno che deriverebbe al terzo dall’esecuzione forzata del provvedimento contro il quale si oppone.
Mentre con l’opposizione di terzo ordinaria il terzo chiede, infatti, all’Autorità Giudicante competente che sia fatta valere la non estensione degli effetti della sentenza opposta nei suoi confronti e, in conseguenza, chiede che sia rinnovato il giudizio con la sua partecipazione attiva, nell’ipotesi di opposizione revocatoria, al contrario, legittimati a proporre sono gli aventi causa o i creditori di una delle parti, posto sempre che il processo sia ormai terminato, i quali soggetti possano fare opposizione alla sentenza, chiaramente resa tra le suddette parti processuali, quando questa è l’effetto di dolo o collusione a loro danno.
Fatto questo breve excursus sui mezzo di impugnazione in generale, vista la varietà del tema, prenderemo in considerazione l’ipotesi di appello incidentale.
In virtù del rinvio di cui all’art. 359 c.p.c., la comparsa di risposta in appello ha il medesimo contenuto di quella di primo grado, e dovrà, pertanto, contenere a pena di nullità:
– le difese dell’appellato, il quale deve prendere posizione su tutti i fatti posti a fondamento della domanda dell’appellante;
– i mezzi di prova e i documenti da allegare, nei limiti di ammissibilità di nuovi mezzi istruttori in appello (art. 345 comma 3 c.p.c.);
– le conclusioni.
Sono, infatti, inammissibili le domande nuove, e le nuove eccezioni che non siano rilevabili di ufficio (art. 345 commi 1 e 2 c.p.c.).
In particolare, in materia di appello incidentale, giova evidenziare che l’appellante in via incidentale deve provvedere all’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste e all’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata come previsto per l’appello principale ai sensi dell’art. 342 c.p.c.
L’appello incidentale deve essere, pertanto, specificamente enunciato e va precisato se trattasi di appello incidentale puro e semplice, sul quale il giudice di appello dovrà in ogni caso pronunciarsi, o di appello incidentale condizionato all’accoglimento di uno o più capi dell’appello principale, in relazione al quale in caso di rigetto dell’appello principale, il giudice di secondo grado sarà esentato dal pronunciarsi.
Sul piano, invece, della notifica dell’appello incidentale, nelle modalità e nei tempi previsti per legge, è principio consolidato che «……..La norma dell’art. 343, 1º comma, c.p.c., secondo cui l’appello incidentale si propone nella prima comparsa o, in mancanza di costituzione in cancelleria, nella prima udienza o in quelle previste dagli art. 331 e 332 – senza che sia necessaria, quindi, la notifica dell’atto di impugnazione – è applicabile all’appello incidentale rivolto contro l’appellante principale o contro altra parte già costituita o che si costituisca prima del decorso dei termini d’impugnazione, ma non quando l’appello incidentale sia proposto nei confronti di parti non presenti nel giudizio di secondo grado; in tal caso, se l’impugnazione ha per oggetto una sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti, il giudice deve assegnare all’appellante incidentale […] il termine per integrare il contraddittorio nei confronti degli avversi litisconsorti necessari, a norma dell’art. 331 c.p.c.; se, invece, l’impugnazione ha per oggetto una sentenza resa in cause scindibili, l’appellante incidentale deve provvedere alla notifica dell’impugnazione nei termini perentori di cui agli art. 325 e 327 c.p.c.» (Cfr. Cass., 28 marzo 2017, n. 7886).
Pertanto, nonostante nel rito ordinario di cognizione non sia prevista la notificazione dell’impugnazione incidentale, al fine di tutelare il diritto di difesa delle parti, talvolta è comunque necessario provvedervi.
Ed infatti, secondo la giurisprudenza sussistono casi in cui l’appello incidentale deve essere notificato.
A) ipotesi in cui l’appello incidentale si rivolga nei confronti di soggetti già citati in giudizio dall’appellante principale.
In tal caso:
a1) se i contraddittori necessari dell’appello incidentale sono tutti costituiti nel giudizio di gravame, nulla quaestio, l’appello incidentale non deve essere notificato;
a2) se invece i contraddittori necessari dell’appello incidentale non sono costituiti, l’atto deve essere a questi notificato ex art. 292 c.p.c., in quanto contumaci, nel termine assegnato dal giudice (v. Cass., 20 aprile 2016, n. 7769; Cass., 19 settembre 2014, n. 19754; Cass., 24 agosto 2012, n. 14635);
B) ipotesi in cui l’appello incidentale si caratterizzi per una estensione soggettiva non coincidente con quella dell’impugnazione principale, nel senso che essa si indirizzi anche o soltanto nei confronti di soggetti non evocati nel giudizio di gravame dall’appellante principale.
In tal caso:
b1) quando l’appello principale è stato notificato a tutte le parti del giudizio di primo grado, allora l’appello incidentale non deve essere notificato;
b2) quando l’appello incidentale è proposto sia nei confronti dell’appellante principale sia nei confronti di altri soggetti non evocati in giudizio né costituiti, in tal caso, l’appello è validamente proposto con la comparsa depositata nel rispetto dei termini ex art. 343, co. 1, c.p.c. (Cfr. Cass. n. 7886/2017).
Questa è l’ipotesi che la giurisprudenza chiama, in maniera forse impropria, «impugnazione incidentale [avente] ad oggetto una sentenza resa in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti»;
b3) nell’ipotesi in cui nessuno dei soggetti, verso cui si rivolge l’appello incidentale, è stato citato nel giudizio di impugnazione dall’appellante principale né quest’ultimo si è autonomamente costituito allora quest’ultimo va notificato.
Sul punto la Suprema Corte di Cassazione ritiene che: “…..sull’appellante incidentale gravi un onere di notificazione in favore di questi da compiersi entro il termine per impugnare in via principale (artt. 325 e 327 c.p.c., secondo che la sentenza sia stata o meno notificata all’appellante incidentale). (Cfr. Cass., 2 maggio 2011, n. 9649; Cass., 29 luglio 1994, n. 7127).
Questa, invece, è l’ipotesi che la giurisprudenza chiama «appello incidentale [avente] ad oggetto una sentenza resa in cause scindibili».
In materia di notifica dell’appello incidentale, tale insegnamento della Cassazione contrasta un altro orientamento giurisprudenziale.
Ed infatti, per contra, si afferma che: “………se si ammette l’impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c. nei confronti di qualsiasi parte del giudizio di primo grado, senza che rilevi la scindibilità o inscindibilità delle cause, appare un controsenso pretenderne la notificazione, a pena di inammissibilità, entro i termini ex art. 325 e 327 c.p.c.(V. Cass., sez. un., 27 novembre 2007, n. 24627; Cass., 29 marzo 2012, n. 5086).
Se, dunque, nel rito ordinario di cognizione non è, in generale, prevista la notificazione dell’impugnazione incidentale, salvo i casi che abbiamo visto poc’anzi, lo stesso non si potrebbe dire, invece, nel rito del lavoro.
Ed infatti: “………..in controversia individuale di lavoro è ammissibile l’appello incidentale proposto, nella memoria di costituzione, notificata all’appellante almeno gg. 10 prima dell’udienza di discussione, anche se la memoria tempestivamente depositata in cancelleria per la costituzione non contenga la relazione di notifica, purché la prova dell’avvenuta notifica sia fornita prima della chiusura della discussione” (Cfr. Cass. Sez. Lav. N. 2130/77).
Restando sempre sul tema dell’appello incidentale, occorre, inoltre, evidenziare come la giurisprudenza si sia più volte espresso sulle sorti dell’impugnazione incidentale a fronte del rigetto di quella principale, propendendo per la sua ammissibilità: ed infatti le Sezioni Unite hanno affermato testualmente che: «La disposizione dell’art. 334, comma 2, c.p.c., a norma della quale, ove l’impugnazione principale sia dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale tardiva perde efficacia, non trova applicazione nell’ipotesi di rinuncia all’impugnazione principale, non avendo la parte destinataria della rinuncia alcun potere di opporsi all’iniziativa dell’avversario e implicando l’assimilazione di tale ipotesi a quelle dell’inammissibilità e dell’improcedibilità dell’impugnazione principale la conclusione aberrante di rimettere l’esito dell’impugnazione incidentale tardiva all’esclusiva volontà dell’impugnante principale». (Cfr. Cass. SS.UU. Ord. N. 20686/2017).
Secondo la Corte, dunque, non possono essere tout court equiparati l’inammissibilità del gravame e la rinuncia allo stesso.
Un rilievo specifico va, infine, fatto per le comparse conclusionali non essendo previsto uno specifico atto per controdedurre avverso l’appello incidentale spiegato dall’appellato.
Contrariamente alla prassi in cui si procede all’esposizione del fatto o esporre in via meramente ripetitiva le argomentazioni già oggetto dei rispettivi atti introduttivi o difensivi, nel giudizio contenente un appello incidentale è, invece, necessario che la comparsa conclusionale prenda specifica posizione sugli atti difensivi avversari e costituisca uno strumento di confutazione che introduca argomenti di critica rispetto a quelli utilizzati dalla controparte.
In conclusione, non si può non considerare la posizione processuale dell’appellante principale, il quale a fronte di un’impugnazione proposta dalla controparte in via incidentale, non ha un diritto soggettivo a replicare con difese scritte l’appello incidentale dell’avversario.
Ed infatti, sul punto si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione affermando che “……………la disparità tra i mezzi di difesa attribuiti all’appellato in via incidentale (appellante principale) – che, può ordinariamente contare solo sulle difese orali da svolgersi all’udienza di discussione – e i mezzi di difesa attribuiti all’appellato principale (appellante incidentale) – che, ai sensi dell’art. 436 c.p.c. ha, invece, sempre facoltà di presentare una memoria difensiva all’atto della costituzione – non determina, peraltro, violazione né del principio costituzionale di eguaglianza, stante la diversità delle rispettive situazioni processuali, né del diritto di difesa, stante la ragionevolezza dell’intervallo temporale (almeno dieci giorni) che, a norma dell’art. 436 c.p.c. comma 3, è assicurato all’appellante principale per controbattere l’impugnazione incidentale proposta nei suoi confronti (Cfr, ex plurimis, Cass., N. 610/2000).
In giurisprudenza, dunque, non si ritiene ammissibile una replica, una memoria difensiva o comunque una contestazione avversa alle censure poste in essere dall’appellato/appellante incidentale: ne è un’ulteriore prova una recente pronuncia giurisprudenziale, la quale sul punto ha statuito che “……………..Atteso il principio dell’unità e non frazionabilità dell’impugnazione, la parte che abbia già proposto appello contro alcune statuizioni della sentenza di primo grado non può, nell’ambito dello stesso rapporto processuale, presentare una censura avversa all’impugnazione proposta dalla parte avversa, avendo già consumato il proprio potere di impugnazione; tale divieto non trova deroga nella disciplina di cui all’art. 334 c.p.c., atteso che essa opera solo in favore della parte che, prima dell’iniziativa dell’altro contendente, abbia operato una scelta di acquiescenza alla sentenza impugnata” (Cfr. Cassazione civile sez. I, 25/07/2018, n.19745).
Si può, dunque, ritenere che l’orientamento consolidato in materia esclude ulteriori facoltà e/o diritti in sua difesa da parte dell’appellante principale nei confronti di un’impugnazione incidentale proposta dal convenuto avversario salvo, ovviamente, la possibilità di replicarvi in sede di comparsa conclusionale.
Dott.ssa Paola Blaiotta