#WeeklyUpdates | La giurisprudenza riconosce l’indennità di frequenza alla famiglia con minore affetto da dislessia
Con pronuncia del 2016 il Tribunale di Prato aveva rigettato un ricorso proposto dall’I.n.p.s. e, per converso, condannato l’ente previdenziale al riconoscimento di un sostegno economico per le spese legate alla frequenza di una scuola, pubblica o privata, o di un centro specializzato per terapie o riabilitazione in favore di una famiglia con minore affetto da dislessia.
La dislessia, infatti, è una forma di disturbo specifico dell’apprendimento (cd. DSA), caratterizzata da problemi con la lettura: difficoltà nella pronuncia delle parole, nella lettura veloce, nella scrittura a mano, nella pronuncia delle parole durante la lettura ad alta voce e nella comprensione di ciò che si legge. Spesso queste difficoltà vengono notate inizialmente a scuola ma possono esordire anche in età adulta in seguito a lesioni cerebrali traumatiche, ictus o demenza.
È importante, quindi, che il bimbo affetto da un disturbo specifico del genere venga seguito, in primis dalla famiglia, e poi da un personale preparato in un percorso terapeutico personalizzato in relazione alle caratteristiche psicologiche del soggetto, alle potenzialità e difficoltà riscontrate, ai tempi di attenzione, ai livelli di meta-cognizione individuati, onde per cui l’obiettivo da raggiungere sia la riduzione delle lacune riscontrate nelle capacità di base o la conquista di capacità di lettura più adeguata.
Da non sottovalutare, quindi, sono gli incontri periodici con la famiglia, i quali divengono un momento fondamentale sia per i genitori sia per il figlio stesso per acquisire la piena comprensione del problema e una modalità idonea per la soluzione di quest’ultimo.
Il caso giuridico prendeva avvio con il ricorso che l’Inps aveva presentato contro la famiglia di un bambino spiegando come “il deficit dell’apprendimento non è singolo ma plurimo e complesso”. La nota sentenza del Tribunale di Prato, la quale ha fatto da apripista sulla materia, ha riconosciuto un’indennità di frequenza alla famiglia coinvolta nel giudizio in esame, affermando che “………….si tratta infatti non di un semplice deficit di lettura ma di un deficit più grave comprendente anche la scrittura la quale si ripercuote anche in ambito matematico in relazione alla scrittura dei numeri e di linguaggio”.
In realtà, occorre rilevare che già da tempo l’ordinamento prevedeva un aiuto economico, il cui valore ammonta ad una cifra pari ad € 280,00 mensili, da erogare in favore del “minore con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età” (Cfr. Legge n. 289/90), finalizzato ad aiutare le famiglie per sostenere le spese dell’intervento riabilitativo in sé, per l’acquisto di supporti tecnologici e per tutto ciò che può servire al minore per superare le sue difficoltà. Tale contributo, inoltre, è valido nei mesi estivi se il minore frequenta centri di riabilitazione, centri di formazione professionali, centri occupazioni o nei mesi scolastici, e quindi da settembre a giugno, se il minore frequenta solo la scuola.
Nonostante si tratti di una legge a livello nazionale, i criteri di assegnazione di questo contributo, tuttavia, sembravano variare non solo di Regione in Regione, ma addirittura di Commissione in Commissione.
In seguito alla pronuncia del Tribunale di Prato, però, si sono susseguite altre sentenze con lo stesso orientamento (Cfr. Tribunale di Pavia, Tribunale di Aosta). Anche il Tribunale di Firenze, per la prima volta, ha accolto un ricorso in tal senso: un risultato importante atteso che l’Inps ha sempre negato il diritto all’indennità di frequenza per i minori con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) ritenendoli “già adeguatamente tutelati dalla legge 170/2010 che ha previsto tutta una serie di diritti in ambito scolastico, senza tuttavia prevedere alcun aiuto economico”.
Ma quello che si sottovaluta è che una famiglia con un figlio affetto da DSA deve affrontare molteplici spese e non tutti riescono ad affrontarle, per questo l’indennità di frequenza rappresenta un aiuto concreto per questi bambini e le loro famiglie.
Ebbene, quella di Prato ha rappresentato e continua a rappresentare un punto di svolta, una sentenza storica destinata finalmente a fare chiarezza sul problema e a far sì che lo Stato, tramite i suoi enti di rappresentanza, possa accorrere in aiuto dei soggetti più fragili e bisognosi.
Dott.ssa Paola Blaiotta